La lunga esperienza di vita della creazione incessante, illuminata e purificata di Rosario Tornatore genera straordinarie creazioni basate sulla perfezione intesa come concetto estetico utopico, basate sulla ricerca della presentazione – e non ri-presentazione – di un universo strutturato dalla luce, dalla luce interiore, al fine di dar forma a ciò che forma non ha: emozioni, ricordi, fede, amore e ottimismo.
Il suo linguaggio artistico punta a svelare la bellezza di un universo mistico immaginato, fatto di luce e dell’architettura poetica dei colori. La sintassi di tale linguaggio risulta dalla perfezione di una geometria intuitiva, da una matematica priva di formule.
L’opera di Tornatore, nell’ultima decade, a partire dal 2000, si suddivide in tre fasi. queste fasi vanno a schiudere una finestra verso le sue visioni più interiori e verso le sublimi forze della genesi della creazione:
la Cosmocromia, con le sue fonti di luce enigmatiche in cui le forme organiche sono alla ricerca di una definizione di ordine; l’Archicromia, in cui i vettori di luce sono integrati in sofisticate costruzioni architettoniche di luce, e la Topocromia, sviluppata negli ultimi tempi, in cui le sue visioni si concentrano su colori chiari per creare perfette strutture architettoniche rettangolari, che fluttuano nello spazio.
Per le sue visioni enigmatiche, Tornatore si erige al di sopra dei modelli esistenti, esse sono il frutto di una straordinaria introspezione dell’io. I mondi che l’artista crea sono ‘un luogo per l’io’.
Il filosofo Henri Bergson, profondamente immaterialista e idealista, sosteneva che “vi è una realtà che tutti noi cogliamo dall’interno, composta dall’esperienza di ciascun individuo e dalla sua percezione del mondo piuttosto che dall’oggettività esterna”.
La realtà immaginata da Tornatore si basa sull’intuito ed è la realtà della sua ricchezza interiore. Analizzando l’opera di Tornatore si passa dalle colorate vetrate medievali alle associazioni con l’avanguardia del XX secolo, per poi arrivare all’arte moderna post-bellica. Si fa riferimento all’architettura policromatica di Piet Mondrian e al cambiamento dalle visioni esterne a quelle interne di Vassily Kandinsky. “Mondrian non voleva rappresentare la realtà pura o la bellezza pura, ma faceva sì che la pittura divenisse realtà”. Le lezioni delle strutture ridotte di Mondrian si ritrovano chiaramente alla base delle strutture nell’opera di Tornatore. Eppure, nella sua intenzione di dar visibilità al ritmo dinamico della luce e del movimento, le visioni cosmiche comprendono eventi molteplici che non rinunciano mai al concetto di bellezza.
I profondi spazi di Tornatore rispecchiano il paradiso promesso della sua credenza nella fede umana. L’artista punta ad esprimerla mediante la grande maestria della perfezione con la profonda responsabilità che riserva ad ogni tocco del suo pennello. Tale responsabilità lo ha reso indifferente alle odierne battaglie di stile, all’essere coinvolto nell’arte intesa come guadagno e agli estenuanti sforzi per essere accettato dalle istituzioni artistiche o riconosciuto dagli attuali canoni artistici. Tornatore invece ha preferito concentrarsi sulla pura visione del suo io interiore, sulla trasmissione di colori chiari, sui movimenti dello spazio e sull’irraggiamento della bellezza e dell’armonia in un mondo sede di un’esistenza caotica.
Amnon Barzel Maggio 2010 |